giovedì 4 gennaio 2018

Buoni propositi per il nuovo anno

Ricominciare a correre
Andare a Lisbona
Fare un viaggio oltreoceano 
Vestire in modo più elegante

Sciogliere il nodo di Gordio senza tagliarlo con la spada di Alessandro Magno
Imparare a respirare
Capire che la comprensione, l'amore e la dolcezza di certe persone ti gioverebbero ma che puoi vivere bene senza di esse
Accettare che alcune cose non sei capace di cambiarle e va bene così
Imparare a sperare

domenica 24 dicembre 2017

La procrastinazione

Le lancette segnarono le 18:10. “Finalmente” pensò Caterina.
Spense il personal computer, chiuse il suo quaderno degli appunti, lavò ed asciugò la sua tazza, ripose tutto nel suo armadietto, si infilò cappotto e guanti, si avvolse il collo nella sua calda sciarpa e si diresse verso l’uscita.
“Ciao, a domani” disse con voce bassa e distratta ai colleghi ancora alle loro scrivanie. “Ciao, buona serata” le risposero senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo.

Aprì la porta e si ritrovò fuori dal grande edificio, tirò una boccata d’aria fresca e sentì lentamente la tensione accumulata nello stomaco sciogliersi per un momento.
“Come può un posto in cui fa sempre così freddo e l’aria condizionata è accesa anche d’inverno essere così soffocante, come se ci fossero 50 gradi all’ombra?” 
Questa domanda Caterina se la ripeteva spesso ma non aveva ancora trovato una risposta se non nell’intolleranza e nella sensazione di ansia che alla mattina le attanagliava la pancia mentre era sul treno dirigendosi in azienda e nel graduale rilassamento della stessa non appena varcava l’uscita alla sera.

“Forse dovrei concentrarmi su questa domanda abbastanza a lungo da trovare una risposta e, una volta trovata, decidere che fare” suggerì alla sua coscienza che si inebriava di aria fresca dopo tante ore passate immobili davanti ad un sudicio schermo e sotto potenti luci artificiali che le facevano bruciare gli occhi quotidianamente. 

“No, ci penserò un altro giorno, sembra una serata meno gelida delle precedenti, mi farò una passeggiata per rilassarmi e godere del fatto che oggi il mio umore non è nero come al solito”.

domenica 10 dicembre 2017

Il fantasma

Stava lì sull'uscio della porta, con le braccia e le gambe incrociate e la guardava con un certo broncio stampato sul viso, un po' confuso e contorto. Lei era seduta sul letto, un po' raggomitolata su se stessa, aveva quel vestito a fiori che a lui tanto piaceva, sfondo bianco e piccoli fiori blu, i capelli le scendevano sulle spalle e le incorniciavano quel bel viso marcato da un'aria un po' angosciata. Non riusciva a pensare a nulla mentre rivolgeva lo sguardo al pavimento. Respirava piano finché ad un certo punto, sfinita, tirò un lungo e profondo respiro, alzò lo sguardo verso di lui e disse: "Entra, cosa fai lì sull'uscio?"
"Non posso" rispose lui abbassando gli occhi. 
"Allora vai via" disse lei sfiancata dal dolore.
"Non posso" ripeté lui mentre si portava una mano alla fronte che velocemente si corrucciò in un'espressione di disperazione, quasi stesse per piangere.
"Non fare così" sussurrò lei mentre si avvicinava per abbraciarlo. Gli strinse le braccia intorno alle spalle, quasi impaurita di fare la cosa sbagliata e sentì il profumo della sua pelle morbida. Pensò che quel profumo gli sarebbe mancato. 

domenica 3 dicembre 2017

La mia Città

Dal 2012

Tante sensazioni e sentimenti nella vita vanno e vengono, alcuni vanno per sempre e non tornano mai più, alcuni conflitti si estinguono col passare del  tempo stesso, scemano pian piano forse perché erano legati ad un particolare periodo storico, con altri misteriosamente riusciamo a stringere un accordo di pace per un po', senza porre data. E' difficile quantificare quanto durerà un moto dell'anima soprattutto quando si tratta di un rapporto che volenti o nolenti, per sua stessa natura è destinato ad essere eterno! Un po' come con la famiglia, si possono tagliare i ponti, eliminare, ignorare ma è un tipo di legame che non finisce mai. Da un paio di giorni il mio trattato di pace pare si stia infrangendo, sono io a retrocedere, sono io quella che non onora la parola data... si tratta di me e della mia città natale. Ho sempre provato un certo amore/odio. Oggettivamente non è tanto male e devo dire che delle province della mia regione è la migliore, la più "civilizzata", eppure io non riesco ad essere una cittadina modello che la ama e che non la lascerebbe mai, anzi è una vita che non sogno altro che fuggire. Un po' per colpa del mio carattere, della mia costante voglia di evasione, di conoscenza, di voglia di apertura verso altre culture, altre lingue, altre tradizioni, mi piace camminare lungo strade mai viste, mi entusiasma come un acquilone dato per la primissima volta ad una bambina. Un po' per colpa sua, le manca l'aria e l'atmosfera che mi appagherebbero: ci facevo caso per la milionesima volta in questi ultimi due giorni, non c'è un bel caffè accogliente dove sedere e scrivere magari, non c'è un bel parco popolato dove stendersi al sole; è una città che non si può vivere come intendo io vivere una città! Eppure ha un bel centro storico, davvero affascinante, quasi desolato se non fosse per le persone che ci vivono e qualche sporadico turista tedesco/inglese che ci capita. Il corso non è male, non è molto lungo però si presta ad una bella passeggiata... eppure ti annoieresti a passeggiarvi ogni giorno, è una città stantia, sempre uguale. Ci sono città in cui non ti annoieresti mai di fare avanti indietro... qui nsi! Mi chiedo sempre: sono i miei occhi? Le mie percezioni? In parte si, perché so che durante la mia adolescenza è cresciuta con me questa voglia di lasciarla, questa oppressione! Allora quando esco guardo ovunque, cerco di cogliere cose mai colte, cerco di aprirmi ad essa come se la vedessi per la prima volta ma mi sembra tutto forzato, non riesco ad amarla sinceramente, pur amandola... è come una vecchia amica che non sa più darti nulla. Riconosco i suoi pregi, i suoi elementi positivi e ci sono molti piccoli particolari che la rendono unica e che so che mi mancano quando sto via a lungo, sono di quelli che la difendono fuori e la criticano dentro ma le manca l'energia, l'effervescenza, la poeticità che ti trasmettono le città in cui, pur non essendolo, ti senti a casa tua! Sono estasiata dal movimento continuo, dal cambio in cui risiede l'evoluzione e forse lei si muove troppo lentamente per me.

domenica 5 novembre 2017

C'era una volta Fra Cascittune

C'era una volta un paesino in provincia di una città non molto grande ma neppure piccola. C'era una volta un paesino non di campagna ma neppure di montagna dove vivevano tanti vecchietti e qualche bambino. D'inverno era piuttosto silenzioso e quasi triste, il buio rendeva tutto senza vita, la gente rimaneva in casa a guardare la televisione e ripararsi dal freddo. D'estate si trasformava! Tutto era colorato e vivace: la gente camminava su e giù, andava a prender l'acqua alle fontane, a comprare frutta e verdura dai contadini, al mercato a sentire tutti strillare e mercanteggiare, le porte si aprivano e le chiacchiere viaggiano da un angola all'altro. Di giorno era un brusio continuo, di sera si sentivano le cicale e i bambini giocare mentre le vecchiette si raduvano e, sedute in cerchio nello spiazzale, ricordavano i tempi di gioventù, criticavano qualche vicino fastidioso, si lamentavano del dottore che non prescriveva abbastanza medicine e ringraziavano il Signore e la Santissima Vergine di essere ancora in salute nonostante gli acciacchi dell'età. Tra una conversazione e l'altra qualcuna scorreggiava provocando la grassa risata e anche un po' l'invidia delle altre che non si erano tolte questo peso dallo stomaco. 
C'erano poi due bambini di città che terminato l'anno scolastico si trasferivano nel paesino con la nonna per trascorrervi l'estate mentre la mamma continuava a lavorare. Poi, di tanto in tanto, il venerdì sera o il sabato mattina si scorgeva la figura di un uomo magro e pallido arrivare con la sua maglietta verde a striature gialle, pantaloni lunghi e scarpe chiuse nonostante il caldo, una sacca nera sulle spalle con poche cose per trascorrere il finesettimana. Era arrivato il papà. Era un momento eccitante: col papà arrivava la speranza di andare alla fiera sulle giostre pericolose che mamma vietava, passeggiare fino al bar per comprare più gelati di quelli che la nonna permetteva loro di mangiare ma sopratutto ascoltare le storie a puntate che inventava ogni sera prima della nanna. La loro preferita era quella che narrava le avventure/disavventure di Fra Cascittune, un monaco grassoccio e goliardico che ne combinava di tutti i colori suscitando tante risate e gioia nei due bambini. Sono passati più di vent'anni e il ricordo di quelle storielle inventante dal papà nelle calde sere d'estate nel paesino che sembra uscito da un film di Fellini, rimane uno dei ricordi più graziosi e aggraziati nei loro cuori ormai cresciutelli. 

mercoledì 1 novembre 2017

Rebus del corpo

A tratti è muta ma comunica quotidianamente
non ha mani ma ti stringe il cervello in una morsa e
sfacciatamente ti intrappola lo stomaco in un pugno,
insiste col bloccare la gola e accorciare il respiro.
Attentamente, è così che vorrebbe essere ascoltata per smetter di far male.

domenica 22 ottobre 2017

L'inganno

Una considerazione scritta qualche anno fa e mai pubblicata.

Quando le tue azioni o non azioni o il modo di condurle creano dispiacere, angoscia in qualcun altro, senti di averlo deluso. Ma la delusione da che deriva? Da noi stessi o davvero dagli altri? Scaturisce dall'aspettativa che noi stessi ci creiamo oppure l'origine e la ragione vivono davvero nell'altro? La subiamo, ce la creiamo, la riceviamo? "Mi hai deluso", "mi sento deluso", frasi simili ma diverse: nella prima la responsabilità è attribuita all'altro, nella seconda indica uno stato d'animo. L'origine etimologica del verbo delúdere viene dal latino delúdere, composto dalla particella de ovvero di e lúdere cioè prendersi gioco da ludus quindi gioco che figurativamente possiamo interpretare come inganno. Deludere significa quindi prendersi gioco di, ingannare gli altri nell'aspettazione, nella speranza, nella fede, nella credenza. Disingannare. Dare esito contrario alle speranze. Disilludere. Il contrario è soddisfazione, appagamento.

Dare esito contrario alle speranze. Una cosa veramente brutale.
Il contrario è soddisfazione, appagamento.