IL RACCONTO. En passant


Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere. Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose. Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.
“Non tocca a me il nero” faccio, come ogni volta.
“Si invece” dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene. Do un’occhiata intorno, come sempre la sua casa è molto accogliente: ordinata e minimalista. Non le è mai piaciuto il superfluo e ritiene essenziale che l’ambiente sia luminoso. La sua casa è molto soleggiata. Forse immagina che tutti questi raggi possano illuminare anche i suoi spazi d’ombra interiori. Se solo riuscisse a ridurre al minimo le tensioni con se stessa come fa col numero dei suoi mobili… Mentre io mi perdo nelle mie osservazioni lei si mette comoda, si sistema bene un cuscino dietro la schiena e piega le gambe. Porta una gonna tubino nero e un maglioncino bianco leggermente scollato, ha un collo molto lungo, bello. Il trucco dopo una giornata di lavoro è quasi svanito e il suo viso è quasi al naturale. Non sembra stanca. È una donna dal fascino discreto ed austero: grandi occhi azzurri, lunghi capelli lisci castani che però ora porta legati in una coda un po’ disordinata e morbida, leggermente arruffati.
Caterina vorrebbe vivere la sua vita nel mondo come su una scacchiera, su un campo di battaglia, vuole imparare quali sono le giuste mosse per apprendere la strategia… la strategia per mangiare e non essere mangiati, vuole relegare il re in un angolo e fargli scacco matto… ma è troppo dolce, troppo sensibile ed emotiva e, allo stesso tempo, inquieta… vive d’impulsi e passioni che la logorano e le mescola a strane prudenze che la confondono. Si perde continuamente. Non imparerà mai ad usare il ragionamento come arma, le manca una virtù essenziale nell’arte della guerra, attendere il momento più idoneo per sferrare l’attacco. È impaziente, sempre, vive nella ricerca e nell’attesa dell’epifania dell’oggetto dei suoi desideri… nel frattempo si trastulla in piccoli piaceri quali gli scacchi, ma è piuttosto mediocre come giocatrice, d’altronde se così non fosse sarebbe un impegno e in quel caso lo prenderebbe sul serio. Per me invece è diverso, ogni mercoledì sera ho due appuntamenti, uno con la scacchiera e l’altro con Caterina. Dice che attende il mercoledì sera come un aquilone una giornata di leggera brezza, dice che è l’unico momento della settimana in cui placa il suo spirito, dice che quella del mercoledì è un’attesa che non ha il sapore dell’ansia e la forma del battito accelerato in petto. Però nonostante ciò non vuole mai cedere, non vuole mai lasciarmi “l’armata” bianca. Inizia il gioco sempre lei.
“Sei pronto? Questa sera ti batterò, mi sento in forma”. Lo dice sempre e io puntualmente le rispondo “Certo che mi batterai, se lo vorrai”. Accenna un sorriso quasi impercettibile.   
Muove. Caterina è una che non ama perdere il controllo, perché sa che se lo fa è completamente succube della sua irrazionalità…  è pericolosa ma soltanto per se stessa e per brevi periodi che le sembrano un’eternità, i suoi tempi interiori sono molto lunghi. Rispondo subito. Tic tac, tic tac, tic, tac…  perde tanto tempo nel cercare la giusta risposta alla mia mossa; si mordicchia le labbra, è in evidente difficoltà, non sa che fare ma odia stare ferma, impazzisce nella staticità e quindi muove quello che d’istinto le sembra più corretto o forse meno sbagliato… appena in tempo, prima che il tempo possa scadere, e senza riflettere, fa la mossa meno idonea…  è talmente serena con me che non teme di essere giudicata come una sciocca impulsiva. Non si rende conto del potere che ha in sé. È estrema in tutto, è fragile e dura, proprio come la regina che può muoversi in qualsiasi direzione, avanti, indietro, in diagonale e che può mangiare qualsiasi elemento ma che allo stesso tempo può finire nella trappola di un semplice pedone. È consapevole di poter essere alla mercé di piccoli pezzi ma non altrettanto cosciente di poter mietere vittime. Non ama perdere il controllo di sé ma senza accorgersene è capace di controllare tutto al di fuori di sé. Chi cade nelle sue di grinfie è destinato ad un involontario dominio tirannico… e quanto meno lo vuole tanto più domina. È proprio quando non si prefigge di vincere che ci riesce. Negli scacchi ci vuole strategia, ragionamento, logica. Lei è sveglia ed intelligente ma questo gioco non si confà al suo modo di essere e come quasi tutti i mercoledì perde. Questo rito va ormai avanti da quasi sei mesi. Non le importa il risultato, per lei è solo un piacevole passatempo, un modo per mettere al bando la smania per un paio d’ ore e io non sono altro che un lenitivo… forse è così proprio perché non è in lotta con me, nessuna febbre di conquista la muove oppure che il suo cuore sia così calmo è un sintomo dell’amore che sente per me e di cui non è consapevole? Riprendo una partita che organizzo ogni settimana ma che non ho mai provato a giocare davvero. Per la prima volta sono il pedone bianco: mi avvicino lentamente a lei, provo a posare le mie labbra sulle sue… si scansa delicatamente mentre i capelli le cadono dolcemente sul viso coprendole il profilo… l’arrocco è una delle mosse che le è più chiara… resto inerme… il tempo a disposizione per la mia successiva mossa scade… “Sai che non mi interessa vincere, non con te almeno, gli scacchi per me sono solo un piccolo piacere”.
La regina nera mi mangia… scacco, matto…