martedì 29 giugno 2010

Destino di Salvador Dalì, Walt Disney - Spellbound di Alfred HItchcock

Due o tre anni ho trascorso un meraviglioso mese di agosto a Londra e un giorno andai a vedere al Tate Modern un mostra su Dalì e il Cinema... mi incantò e tra le altre cose proiettavano anche i due video che vi propongo: il primo si chiama Destino, è una collaborazione tra Salvador Dalì e Walt Disney ideata nel 1945-46 he non vide però la luce fino al 2003; ed è a dir poco entusiasmante, c'è tutta la follia e il genio di Dalì nonché la magia disneyana; il secondo è una scena dove si narra un sogno che venne ideata da Dalì ed è tratta da un film di Alfred Hitchcock, "Spellbound" (titolo italiano Io ti salverò) che consiglio a chi non l'avesse già visto, perché è un bel film, particolare...buona visione!




lunedì 28 giugno 2010

Bebo e Cigala - Se me olvidó que te olvidé

Ho domenticato che ti ho dimenticato, strano dato che credevo non ti avrei mai dimenticato perché sei fra le ombre nascoste che non scompaiono mai del tutto, come quelle pagine che scrivi in bozza e non riesci mai a riprendere perché ti fugge di mente eppure sono lì ferme ad aspettare una revisione e rilettura che le renda... che le renda qualcosa...  forma, sostanza, definizione... ho dimenticato che ti ho dimenticato, quasi, che non ci sei più, che forse non ricorderai più se non per via di qualche territorio franato le cui immagini passeranno in televisione o su un giornale, forse per qualche cartolina persa in un libro o su una mensola impolverata, per qualche nota di un disco che ti regalai, per qualche foto che prometteva promesse... ho dimenticato che ti ho dimenticato per via di quella trombetta stonata che non suoni più nè nella banda nè nella stanza semivuota di una casa provvisoria dove tuo padre si lamentava su richiesta di qualche bieco vicino insensibile al tuo forte respiro... ho dimenticato che ti ho dimenticato per via delle altissime onde del mare che invadono la strada, una dopo l'altra, giostra dei miei occhi stupiti e sorridenti che non hanno visto surfisti d'inverno mentre mi cingevi la vita in difesa di cavalli impazziti... ho dimenticato che ti ho dimenticato... aspetto di rivederti ovunque e in qualsiasi momento... igual en lo porches en New Orleans escuchando el blues que suena en el aire llevado por la nubes... se me olvidò que te olvidé y la verdad no se porque a mi que nada se me olvida... igual porque te extraño...

venerdì 25 giugno 2010

La casa dei ricordi

Gli anni dei ricordi di Jocelyn Moorhouse.
Mia nonna era una donna che conservava tutto, ma tutto tutto, qualsiasi "cianfrusaglia" potesse costituire un ricordo lo avreste ritrovato in qualche angolo della casa, in qualche vecchio baule, nei remoti scompartimenti di un armadio antico... Era una donna malinconica, belissima e malinconica, come se la sua bellezza fosse direttamente proporzionata alla sua nostalgia... aveva forse ancora addosso la paura della privazione o della povertà che solo chi ha vissuto la guerra può capire e avere, come se tutto potesse riscoppiare all'improvviso e quella mole immensa di roba conservata potesse ritornare utile. Le arance... ah che argomento meraviglioso, quante risate... doveva avere sempre una riserva di arance, chiedeva che gliene fossero comprate due kili, uno da mangiare per i giorni seguenti, uno perché non si sa mai... il più delle volte il secondo kilo marciva, eppure necessitava come l'aria di quel senso di sicurezza che in qualche modo "il di più" le infondeva... lo stesso valeva per le medicine, per l'acqua, per qualsiasi cosa...e io da bambina mi ritrovavo a girovagare, di nascosto chiaramente, tra tutti questi oggetti, molti dei quali non sapevo nemmeno cosa fossero e a che cosa servissero, le cose più assurde tipo un rotolo di cartaigienica azzurro, o  le più romantiche come la lunghissima treccia nera di quando era ragazza. Mi nascondeva le Barbie, perché io avevo il vizio di seviziarle tagliandogli i capelli oppure ne nascondeva i vestitini., le scarpe,etc.; una volta trovai una scatola piena di tutto il vestiario e gli accessori delle bambole...voleva anche che tutto rimanesse intatto e non perdesse la sua forma originale così magari da grande le avrei ritrovate com'erano e me ne sarei ricordata o magari ci avrebbero giocato i miei figli... che teatrini, mia nonna che metteva da parte e mia madre che le diceva "lascia che le distrugga, che ci giochi, poi crescerà"... le donne della mia vita, due visioni completamente distinte, due epoche diverse, due educazioni diverse...ma questo è un discorso che richiede altro spazio... io e nonna giocavano a guardia e ladro... lei "rubava" e "nascondeva", io cercavo e rinascondevo affinché lei non rinascondesse a sua volta... l'amavo tanto e come tutti i grandi amori facevano sempre "a botte" e poi grandi baci, lei mi dava una serie di baci "a raffica" con lo scoppio... adoravo quei baci, erano dolcissimi e quando ero in erasmus me li mandava per telefono, era il nostro modo di comunicare "Nonna dammi i baci a scoppio" e quando non venivano bene diceva "aspetta" e ripeteva. Lei aveva le labbra sottili, viola, un rossetto naturale e perenne. Non vivo più nella casa dove ho trascorso la mia infanzia, la mia adolescenza, dove fino a cinque anni fa ho vissuto con mia nonna... oggi ci sono tornata, una casa già mezza vuota e che tra poco sarà svuotata di tutto, di tutti quei "reperti storici" di parte della mia vita, di quella di mia madre, dei miei zii... fino a dicembre scorso oggetti che animavano quelle mura, oggi privi del loro custode che con tanta gelosia li conservava... ogni cosa mi ricorda una storiella, una giornata che ora mi sembra particolare e speciale in virtù di questo ricordo stesso... su un divano un cappottino nero a fiorellini rosa, delle roselline nello specifico, col capuccio e il manicotto! Lo adoravo per via di questo manicotto, mi sentivo importante ed era principesco il gesto di tenere le mie piccole e paffute manine di bambina di 6, 7 anni al massimo in un manicotto invece che nei guanti... che fantasia... era bellissimo e mi atteggiavo come solo una puffetta di quell'età sa e può fare! E mi rivedo per strada, di ritorno da scuola piccola e civettuola che ondeggio tenendo le mani in questo meraviglioso manicotto che la mia cara nonna di una bellezza nostalgica ha custodito con tanta cura come se fosse quasi nuovo... per una volta ringrazio che avesse tutte queste piccole manie che la rendevano "un'adorabile rompiscatole", così mi siedo e mi ricordo di qualche piccola lite e dei seguenti baci... tanti fragorosi baci a scoppio... e tanti piccoli oggetti sparsi in una casa vuota ma cuciti indelebilmente nei miei ricordi...

martedì 22 giugno 2010

Un verso contro il conformismo...

Sono due "me", due "io": quella che vorrebbe essere come tutti gli altri, che vorrebbe adeguarsi, pur odiandolo, al precostituito, al conforme perchè sarebbe più facile, perché l'essere così diversa crea problematiche e Nodi Gordiani che altri non si devono neppure porre il dilemma di sciogliere o tagliare con la spada di Alessandro Magno; però voglio anche essere quella "così complicata" perché la pienezza e il frutto che gli spostamenti di rotta alla fine mi regalano sono ciò che meglio mi fa sentire, sono come le lucciole che si scorgono al buio in un infinito e vasto prato d'estate... tutto quello che devo cercare di fare è accettare la "mia" personale "diversità", che il mio verso forse sia ostico ai molti e che la strada che percorro possa essere a tratti desolata e con luci fioche...



Ahimè, Ahi vita!
Ahimè, ahi vita! domande come queste mi perseguono,
D'infiniti cortei d'infedeli, città gremite di stolti,
Io che sempre rimprovero me stesso, (perchè più stolto
di me, chi di me più infedele?)
D'occhi che invano anelano la luce, scopi meschini, lotta
rinnovata ognora,
Degli infelici risultati di tutto, le sordide folle anfamanti
che in giro mi vedo,
Degli anni inutili e vacui degli altri, e io che m'intreccio
con gli altri,
La domanda, ahimè, che così triste mi persegue,-che v'è
di buono in tutto questo, o Vita ahimè?

RISPOSTA
Che tu sei qui -che esistono la vita e l'individuo,
Che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contri-
buirvi con un tuo verso.
Walt Whitman - da Foglie d'erba




Divergevano due strade in un bosco, e io…
Io presi la meno battuta,

E di qui tutta la differenza è venuta.  

                                                                           La strada non presa - Robert Frost

lunedì 21 giugno 2010

Ornella Vanoni - Mi sono innamorata di te/ Io si

"Ed ora che avrei mille cose da fare io sento i miei sogni svanire ma non so più pensare
a nient'altro che a te" 




Mi sono innamorato di te
perché
non avevo niente da fare
il giorno
volevo qualcuno da incontrare
la notte
volevo qualcuno da sognare
Mi sono innamorato di te
perché
non potevo più stare sola
il giorno
volevo parlare dei miei sogni
la notte
parlare d'amore 
Ed ora
che avrei mille cose da fare
io sento i miei sogni svanire
ma non so più pensare
a nient'altro che a te
Mi sono innamorato di te
e adesso
non so neppure io cosa fare
il giorno
mi pento d'averti incontrato
la notte
ti vengo a cercare.

Il cinema

Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore
Quando ero piccola papà mi portava sempre al cinema, per sempre credo di riferirmi a quasi ogni domenica, ma poi era effettivamente così? Quando racconto del perché mi piaccia il grande schermo dico sempre così "quando ero piccola papà mi portava sempre al cinema...". In realtà non credo succedesse così spesso... forse una domenica ogni due o tre mesi, più o meno era questo l'intervallo di tempo tra una sparizione aliena e l'altra. Sempre se mi ricordo bene; certi ricordi sono sbiaditi e confusi, bhà forse rimossione psicologica. Sta di fatto che il cinema mi ha sempre affascinata da morire, questo luogo buio con questo grande schermo che proietta immagini a volume esagerato... fotogrammi che si susseguono uno dietro l'altro creando una storia... mi piacciono le storie, i personaggi, le personalità che gli si cuciono addosso, le emozioni forti e rumorose... mi piacevano molto le sequenze veloci con sottofondo musicale per narrare un periodo di transizione in cui il protagonista attraversa un periodo particolare... il veloce scorrere del tempo... una metafora delle difficoltà che passano col passare dei giorni o di una fatica da affrontare e alla fine della quale c'è la ricompensa... da bambina immaginavo sarebbe stata così la vita da grandi: ti succede qualcosa che scombussola il tuo ritmo? Non c'è problema! La vita diventa una sequenza veloce con una bella musichetta che accompagna le tue azioni quotidiane e quando la canzone finisce sei in una nuova scena, tutto è passato, migliorato o peggiorato a seconda della trama... peccato che non sia davvero così, o per fortuna... le giornate passano e basta, né in sequenza veloce né in modalità moviola... passano un'ora alla volta...il più delle ore trascorse mi sembra di perderle a perdere tempo... potesssi sedermi per un po' in riva ad un fiume, vedrei acqua scorrere e null'altro, almeno mi passerebbe l'ansia di non poter più recuperare ciò che mi è già passato innanzi... fischietterei senza poter smettere, proprio come quando a 5 o 6 anni imparai a farlo dopo tanti tentativi. Non facevo altro che fischiettare tutto il giorno. Il buio del cinema è qualcosa di mistico, sei là nella tua poltrona, in mezzo a tanta gente di cui vedi solo le sagome e che non ti vede, nessuno ti vede, nessuno ti guarda, nessuno vuole nulla da te e tu non ti aspetti nulla da loro... ah che meravigliosa solitudine nella quale non ti devi sentir solo; sei là concentrato sullo schermo, sulle parole, sull'evoluzione della storia e il buio concilia a meraviglia con questa condizione.. crea quell'atmosfera di magia che si stabilisce tra te, che sei reale, e i personaggi inventati che ti recitano davanti... si crea un sentimento di comunione, ti sembra di essere dentro il video alle volte... il pathos, la comunicazione, l'immedesimazione... per qualche ora esci da te ed entri nella te che vorresti essere... immagini, fantastichi... poi le luci si accendono e sai che dopo questo breve intervallo il vero film inizia

domenica 20 giugno 2010

Henri Cartier-Bresson - Martine's Legs

"Le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento" (Henri Cartier-Bresson)


venerdì 18 giugno 2010

José Saramago

In ricordo di José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel nel 1998, deceduto oggi  all'età di 87 anni, una sua citazione:
"Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito."
(José Saramago)

Fabrizio de André - Khorakhané (A forza di essere vento)

In assoluto la mia canzone preferita...
"Saper leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura..."



Poserò la testa sulla tua spalla
e farò un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa 
chi sarà a raccontare 
sarà chi rimane
io seguirò questo migrare
seguirò questa corrente d' ali 

                                                                                                (Fabrizio de André)

giovedì 17 giugno 2010

C'è solo la strada su cui puoi contare... c'è solo la strada per conoscere chi siamo....

Torno da una serata di musica, un concertino in un paesello di provincia, uno di quei paeselli in cui ci sono solo due bar che non si fanno concorrenza, una farmacia e una banca - quella non manca mai - l'unica cosa nuova è l'insegna della stazione con inciso il nome; e ti stupisci al vedere come Trenitalia arrivi anche qui... paesello sperduto in cui ti spareresti dopo tre ore se ci vivessi, concerto di un giovane cantante di queste zone che si sta affermando velocemente in tutta Italia perché ha vinto il premio per il miglior disco esordiente... ti chiedi come mai suoni in questo anfiteatro che non ha nulla di un anfiteatro, con un blando pubbblico e tre chioschi alla buona dove però puoi comprare degli ottimi panini con salsiccia nostrana e cullurielli, per la birra bisogna accontentarsi o di una dreher o di una moretti o di una tuborg... l'aria serale è freschetta e tradisce la calda giornata di sole appena trascorsa, il cielo è coperto di meravigliose e lucenti stelle... e bè io in città avrò qualche supermercato e negozio in più ma alla notte non vedo nemmeno un terzo di questo spettacolo... mi incanto a gurdare un cielo così bello, terso senza nemmeno una nuvola e con tutti questi occhietti luminosi che scintillano... non ne vedevo uno simile, bhuff dalla scorsa estate credo... alzo gli occhi e spero cada una stella... che desiderio vorrei esprimere? Uhm, non so, al momento di stringere non mi viene mai in mente una risposta diretta e sicura... sono con i miei vecchi amici, quelli con cui "sono cresciuta" ma forse solo cronologicamente, nel tempo ma non nello spazio, interiore... sembra di essere tornati indietro nel tempo quando eravamo ancora "piccoli" e pogare a un concerto mangiando un panino e bevendo qualche birra era il meglio che si potesse chiedere ad una serata... tutto il resto era dato dall'effervescenza dei 17 anni e dalle nostre scarpe da tennis consumate... ora siamo così diversi, ci stiamo definendo, questa cosa mi spaventa, è come se ognuno stesse terminando il cammino che termina in una casa... la stabilità... è così triste, voglio continuare a vedere strada, sentieri, alberi e prati ai lati, le nuvole che si sfumano in lontananza e il sole che si tuffa nel mare... non voglio che tutto questo finisca e porti tra quattro mura, schematiche, definite, quasi indistruttibili... perchè cercano una via definitva? Una mia amica si è da poco laureata e il giorno prima della seduta si è scoperta insoddisfatta e infelice, con la voglia di tornare indietro e ripetere tutto daccapo in quei 5anni, ora l'unica cosa che vuole è trovare un posto fisso, non importa che non abbia nulla a che fare col tipo di studi che ha effettuato, "magari in banca dove stai là, fai poco e niente, stacchi alle 2 e hai pure il pomeriggio libero", e tra un paio d'anni sposarsi... un altro si è scritto alla specialistica fuori ma dopo nemmeno 3 mesi erano più le volte che tornava a casa che non quelle che si godeva il nuovo ambiente, ora è tornato, gli mancano gli ultimi due esami forse da un anno e si è trovato un lavoretto in un call center... vuole laurearsi e vivere per sempre qua... un'altra studia fuori e vive una situazione di estremo disagio nella sua città universitaria perchè non è riuscita a crearsi nuove amicizie, in più cambia spesso casa perché non si trova mai bene con le coinquiline, il risultato è che scende a casa a studiare prima di un esame e ha solo qui la sua vita sociale... potrei continuare l'elenco... e Io? Sono l'unica che vuole andar via da questo posto, che non cerca stabilità materiale ma dello spirito, vorrei che il mio cuore fosse forte non il mio conto in banca, vorrei un innamorato non qualcuno che mi metta la fede al dito, vorrei il lavoro che mi emoziona, nel campo per cui ho studiato e acquisito conoscenze, voglio vivere ogni anno in una nuova città, imparare una nuova lingua, vorrei che il mio futuro fosse un cammino lungo, interminabile, un continuo alternarsi di sole al mattino e stelle alla notte... vorrei andare un anno a parigi e imparare il francesce, scrivere romanzi seduta ogni pomeriggio in un caffè letterario diverso, l'anno dopo a Londra dove ascolterei musica di ogni sorta nei suoi mille locali underground e vorrei comprare mille meravigliosi e colorati ombrelli che mi difendano dalla sua pioggia... imparare a ballare il tango in Argentina e la sevillana in Andalucia, vedere un musical a Broadway...vorrei che tutte le mie fantasticherei vive e cangianti da quando avevo 8 anni diventassero realtà anno dopo anno senza che la paura del tempo che scorre possa farmi venire l'ansia del dover lavorare sodo per una stabilità necessaria, il mutuo per la casa, il fidanzato per sposarsi, fare un figlio prima che l'orologio biologico faccia tic tac tic e pum fermandosi, e le rughe e la solitudine e coltivare per raccogliere, e dire e poi fare... prevenire per non curare... responsabilizzarsi per non subire le conseguenze dell'insensatezza.... io voglio solo muovermi, solo muovendomi posso salvarmi dalla morte, dalla vecchiaia, dalla depressione, dalla tristezza che mi fa non riuscire più a ridere a squarciagola con le persone con cui ho imparato a farlo, dalla tristezza che mi fa pensare che ho 25 anni e sono tanti perché mi sento ferma, perchè mi muovo così lentamnte che qualsiasi cambiamento io faccia è troppo poco in confronto all'avanzamento che il mondo fa... non voglio laurearmi e affannarmi a fare qualcosa che non mi piace, sono terrorizzata all'idea di diventare quadrata per paura... voglio l'amore quello vero, e se non posso avere te non voglio nessun altro che non ami quanto te o più di te... non voglio accontentarmi per paura di restare con nulla... non voglio respirare se sono già morta... voglio ballare e ridere e cantare... voglio la mia cattiva strada da percorrere avanti e indietro finché non mi verrà voglia di fermarmi... "C'è solo la strada su cui puoi contare, c'è solo la strada per conoscere chi siamo" e perché "c'è amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada..."


Foto: Elizabethtown di Cameron Crowe

mercoledì 16 giugno 2010

Deep purple - Strange kind of woman




There once was a woman
A strange kind of woman
The kind that gets written down in history
Her name was Nancy
Her face was nothing fancy
She left a trail of happiness and misery

I loved her
Everybody loved her
She loved everyone and gave them good return
I tried to take her
I even tried to break her
She said I ain't for takin' won't you ever learn

I want you I need you I gotta be near you
I spent my money as I took my turn
I want you I need you I gotta be near you
Ooh I got a strange kind of woman

She looked like a raver
But I could never please her
On Wednesday mornings boy you can't go far
I couldn't get her
But things got better--she said
Saturday nights from now on baby you're my star

She finally said she loved me
I wed her in a hurry
No more callers and I glowed with pride
I'm dreaming
I feel like screaming
I won my woman just before she died

I want you I need you I gotta be near you
I spent my money as I took my turn
I want you I need you I gotta be near you
Ooh I had a strange kind of woman

martedì 15 giugno 2010

Vladimir Vladimirovič Majakovskij


Cittadini, 
tenete almeno conto
delle mie spese di trasporto,
la poesia è un lungo viaggio verso l'ignoto.
                                                                
                                                                             
                                                                           
(Vladimir Vladimirovič Majakovskij)

lunedì 14 giugno 2010

Il pugno - Derek Walcott


Il pugno stretto intorno al mio cuore
si allenta un poco, e io respiro ansioso
luce; ma già preme
di nuovo. Quando mai non ho amato
la pena d'amore? Ma questa si è spinta

oltre l'amore fino alla mania. Questa
ha la forte stretta del demente, questa
si aggrappa alla cornice della non-ragione, prima
di sprofondare urlando nell'abisso.

Tieni duro allora, cuore; così almeno vivi.
                                                                    
                                                                                                  
                                                                                        (Il pugno, Mappa del nuovo mondo)

Alle volte ritornano...

Thelma&Louise di Ridley Scott, 1991
Sabato 12 giugno 2010, una giornata piena di segni, segni che non si tramutano in eventi. Ritorni inaspettati ed irriverenti che non ti lasciano la lucidità di pensare, il tempo di saper rispondere... dopo tutto questo tempo mi scrivi, inaspettatamente, dicendo che rileggi le nostre lettere, le nostre poesie e non capisci che cavolo è successo. Bella domanda! Che cavolo è successo? Lo so eppure non so dirlo, non so spiegarlo... mi si bloccano i pensieri in qualche recondito angolo della mente senza riuscire a tramutarsi in parole e concetti... come si spiega una delusione? Un'amicizia finita?  Un'affetto che resta statico nel cuore senza prendere più la forma di tutte le chiacchiere, i viaggi mentali, la convivenza che ci ha avvicinate da tutti i punti di vista, le fantasie, le nostre serate "tra ragazze", i bicchieri di vino, le bottiglie di vino, le ansie degli esami preparati assieme, le conversaizoni ai lati dei quaderni nei momenti di noia, le foto, i discorsi sulla dimensione femminile e sul coraggio di diventare le donne che vorremmo essere, il conoscerti piano piano, la diversità caratteriale che non ha escluso l'affinità delle nostre anime... le parole ci hanno unito e i fatti ci hanno allontanate... forse i non fatti e le non parole... non dico i silenzi perchè in modo o in un'altro abbiamo sempre comunicato, alle volte non parlavamo ma comunicavamo sempre in un modo o in un'altro... forse le aspettative di quest'amicizia così profonda erano troppo alte e soddisfarle era così difficile... troppi progetti non concretizzati, troppi sogni rimasti tali, troppo, t'ho voluto troppo bene e non ho potuto sopportare che anche con te tutto finisse nell'incompresione e nella mediocrità... e alle volte ci si allontana perché non si può sopportare un legame formale, banale, finto e sporadico... dopo essere state assieme in una scatola magica, così reale da sentirne ancora una viva nostalgia, era impossibie non allontanarsi quando mediocrità e staticità hanno preso il sopravvento... ti distanzi perché leggi che i miei occhi ti vedono ormai come se fossi un'altra persona, io perchè non riusciamo più a condividere nulla.. dici che non è vero, che questa è la mia percezione... forse... è passato tanto tempo, è passato anche questo... mi resta l'amaro in bocca ma non voglio tornare indietro...  

venerdì 11 giugno 2010

Vinicio Capossela - Core 'ngrato

Questa canzone mi ha toccato, l'ho scoperta per caso, come tutte le cose migliori... parla di un uomo che soffre per amore e ne descrive le varie fasi della sofferenza... richiama prima il nome dell'amata tra mille strazi, chiama Dio che non risponde, si reca dal parroco che è persona santa finché alla fine inveisce contro il suo stesso cuore....un cuore ingrato... e poi... "una cosa è passata quando non ci pensi più, non esisti più e non resta che l'ingiuria..."


mercoledì 9 giugno 2010

La terapia del sorriso e della dolcezza

Tutta la vita davanti di Paolo Virzì
Ieri è stata una giornata frenteica direi... sono andata a studiare in biblioteca perché spesso stare a casa mi fa perdere tempo e passare troppe ore sola aiuta i miei pensieri e scorrere interminabili e penosi... così mi sono alzata di buon ora, ho fatto tutto con un certo ordine, ho messo il mio bel vaio (e scusate la pubblicità che faccio alla sony ma è davvero bello e mi da soddisfazione come compagno di scrittura!) nello zaino, fuori un caldo boia, aspetto il bus e me ne vado all'università... vedere tanti giovincelli che come me sono alle prese con la tesi e gli esami mi rincuora, mi riporta in qualche modo in una dimensione più concreta, tutti siamo umani, con la nostra sensibilità, i nostri problemi, grandi e piccoli quindi, mi dico, non c'è nulla di anormale nelle tue crisi emotive e nell'instabilità del tuo umore; in fondo lo diceva anche Baudelaire che ognuno di noi racchiude in se un inferno e un paradiso... in questa fase io sono tra i diavoletti che mi punzecchiano col loro maledetto forcone ma uno di questi ribalto la situazione e li mando a spasso al Polo Nord!! Maledetti diavolacci che rubate la mia calma e concentrazione... ma forse tutto il male non viene per nuocere, non avrei mai scritto questo blog se non fossi così alla ricerca di qualcosa che ancora non c'è, se non avessi mille e mille stimoli emotivi... quello di scrivere il blog è l'unico momento in cui mi placo, mi sembra di dare vita a qualcosa di mio, di tirare fuori qualche pallina di fuoco e lanciarla lontana vedendola mentre in lontananza si disperde, si sgretola, si sfuma... ho divagato... arrivo in biblioteca, prendo i libri e tutto quello che mi serve, comincio a scrivere consultare libri rielaborare concetti... mi viene fame... ho caldo... sento la temperatura corporea che fa i caprici, caldo-freddo, freddo-caldo... mi domino, scrivo, vado avanti e ho sempre la sensazione di poter fare di più, di dover fare meglio e in meno tempo, eppure nessuno mi corre dietro nessuno mi mette ansia tranne la mia ombra! Sono il mio peggior nemico... ormai mi sono innervosita, comincio a sentirmi stanca, stressata, a dominare a fatica la mia concentrazione... vado a mangiare qualcosa e nel frattempo mi rilasso ascoltando un po' di musica, mi piace canticchiare, mi rasserena, ascolto le conversazioni di chi mi sta intorno, ridacchio quando dicono qualche sciocchezza, due ragazzi fanno gli intellettualoidi, parlano ad alto voce per far sentire i loro giudizi tecnici su Andrea Pazienza, due ragazze alla mia sinistra si raccontano della nascita dell'amore con i loro attuali fidanzati, ogni tanto un venticello fresco mi accarezza... io sento le loro chiacchiere passivamente e involontariamente mentre canticchio a bassa voce e tutto quello a cui mi riesce di pensare è che vorrei essere sempre altrove, sempre in movimento... la staitcità è il mio cancro, è una forza maligna che mi mangia piano piano le cellule vive... sono ferma col corpo e con la mente... se finisco la tesi al più presto mi laureo e scappo via, finalmente e per sempre, ma non riesco a scrivere se non pochi concetti al giorno... se potessi muovermi ritroverei la vitalità fisica e mentale che mi permetterebbe di macinare pagine e pagine... è un circolo vizioso, se potessi questo succederebbe quest'altro, causa effetto, un'interazione irrisolvibile tra quello che vorrei e quello che dovrei, se solo riuscissi nel dovrei al più presto avrei il vorrei... torno a scrivere, mi impegno e cerco di contenere il diavolo che c'è in me... vado avanti nervosamente finché non ce la faccio più, mi sento ansiosa, adirata, sconvolta, resto? me ne vado? prendo un po' d'aria e continuo? Inizia a piovere fuori e io non so che fare, so solo che il mio corpo reagisce alle mie comunicazioni interne.. ormai sono nello psicosomatico andante... me ne vado, metto tutto a posto e corro a prendere l'autobus, mi sento sfinita come se avessi lavorato per giorni interi senza mai chiudere occhio e come se l'unica cosa che volessi è dormire per tre giorni di fila... non vedo l'ora di essere a casa, lanciare questo zaino colmo di fonti, principi, dichiarazioni d'intenti, convenzioni, consuetudini, accordi non ancora scritti, progetti futuri bloccati e che vanno a rilento... voglio mettermi comoda, riposare, scrivere...riposare... seduta in autobus m sento ansiosa al massimo, ho caldissimo, cerco di distrarmi, di controllarmi, mi sento completamente stravolta, come una costruzione montata al contrario, sento un senso di nausea, voglio scendere ho bisogno d'aria... per fortuna arrivo a destinazione... a casa mi lascio invadere da un'onda di tristezza e penso che devo affrontare tutti questi dubbi, queste incertezze, voglio una soluzione definitiva, un pacchetto completo ma non so che pesci prendere... ho bisogno di una terapia della risata forse, per ripristinare la mia vitalità, la mia pazzia positiva, il mio essere un'inguaribile romantica e un'instancabile sognatrice, la mia voglia di fare mille cose diverse, di imparare, di curiosare... dolcezza e risate questa dovrebbe essere la mia cura... la prima che lenisca, la seconda che mi rinvorisca... me ne vado a letto, non metterò sveglia per domani, voglio alzarmi riposata per iniziare la giornata meglio... mi alzo e trovo un biglietto di mia madre in cui mi dice che mi ama e di fidarmi perchè una soluzione buona la troveremo... sorrido... ho avuto la prima dose di dolcezza... mi metto a scrivere ... buongiorno!



Smile though your heart is aching                                 
Smile even though it's breaking                                      
When there are clouds in the sky, you'll get by              
If you smile through your fear and sorrow
Smile and maybe tomorrow
You'll see the sun come shining through for you

Light up your face with gladness
Hide every trace of sadness
Although a tear may be ever so near
That's the time you must keep on trying
Smile, what's the use of crying?
You'll find that life is still worthwhile
If you just smile

That's the time you must keep on trying
Smile, what's the use of crying?
You'll find that life is still worthwhile
If you just smile


sabato 5 giugno 2010

Just breathe

Ieri è stata una strana giornata, stavo leggendo degli articoli per la mia tesi... pezzi e pezzi da mettere assieme e rianalizzare in maniera critica... non ero calma però neppure agitata... era una giornata più o meno nella norma... ero seduta davanti il pc da diverso tempo, d'un tratto mi sono sentita prigioniera del mio corpo, come se non mi appartenesse e non potessi controllarlo... mi bruciava la pelle ed era come se lo spirito fosse incarcerato in un posto di cui non riusciva a spezzare le catene, ad abbattere i muri, ho immaginato di essere dentro di me - come una matrioska - di avere un gran forbicione e di squarciare la pelle, aprire un varco da cui uscire fuori e liberarmi, finalmente... non riuscivo a stare seduta ma nemmeno ad alzarmi... era come se uno spiritello maligno si fosse impossessato del mio corpo e mi facesse il solletico da dentro, mi bruciava la pelle, avevo l'istinto di grattarmi, raschiare via qualcosa di superfluo, qualcosa di tossico che mi stava avvelenando da dentro. Come se avessi fatto indigestione di qualche cibo avariato... ci sono in me tossine, cellule morte che non vogliono evaporare via per lasciare spazio a nuova energia vitale che mi rigeneri... ho perso il mio senso critico, la mia capacità di concentrarmi per ore e ore, il mio opprimente stacanovismo che mi faceva sentire stressatissima ma appagata perché produttiva...  mi sveglio con l'idea e l'intezione di fare "questo questo  e quell'altro" e cerco di dominare i  miei pensieri affinché non mi facciano divagare su strade secondarie, in vicoletti affascinanti e angolini sperduti... certi giorni sento che il mio corpo non mi appartiene, è come una costrizione, qualcosa che pone dei confini e in quanto tale è quindi limitante... ho sempre pensato che la mia anima e il mio corpo non coincidessero... la prima è sempre altrove, vaga da sola in luoghi e situazioni a cui aspira, il secondo sta dove DEVE stare, dove la mente gli impone di stare. Questo fuoco che mi  divampa sotto pelle non è che il segnale che devo ricongiungerli, farli andare di pari passo... non voglio rinunciare a nulla e invitabilmente così facendo, non scegliendo, rinuncio a tutto... immagino di correre più veloce del vento, come un ossesso, forte forte forte così forte da far male a chi si imbatte sul mio cammino, lasciare una scia che si dilegua come una fragranza, strade, vicoli, angoli, scale, piazze, attraverso tutto e poi di botto mi fermo, cado a terra: le gambe non mi reggono più, sento dolore alle ossa, lo stomaco si svuota, la mente mi si apre, così mentre mi rotolo a terra cercando di recuperare le forze, di scatto mi rialzo e inizio ad urlare, a squarciagola, URLO, URLO, URLO URLO urlourlourlo finché non mi resta più voce, neanche un filo, il petto va su e giù per lo sforzo, su e giù come in preda ad una crisi d'ansia... e poi come se tutto questo fosse già passato, come se il fuoco si fosse spento, come se le tossine fossero tutte evaporate, i cattivi pensieri andati in pensione, l'energia tornata piena e pulsante nel mo cuore, d'improvviso RESPIRO, senza che l'aria mi resti bloccata nel diaframma.. respiro a pieni polmoni... sono libera...

Foto Forrest Gump di Robert Zemeckis, Usa, 1994

venerdì 4 giugno 2010

Profumo di donna - Scena del tango

Un film significativo, pieno di passione... una scena sensuale, aggraziata, affascinante... lasciatevi coinvolgere...

"Non c'è possibilità di errore nel tango, non è come la vita, per questo il tango è così bello, commetti uno sbaglio ma non è mai irreparabile, seguiti a ballare..."


giovedì 3 giugno 2010

Sherlock Holmes - Lotta

Esempio di lotta Wing Chun

L'istinto è un'energia rinnovabile

Da novembre seguo un corso di autodifesa, nello specifico di Wing Chun; è organizzato dal Comitato per le Pari Oppurtunità della mia università. SCOPO del corso: "acquisire le tecniche base di autodifesa e sviluppare i relativi comportamenti di controllo della paura attraverso la pratica del Wing Chun". RISULTATI: "sviluppare l'autocontrollo, rafforzare la personalità, aumentare l'autostima, diventare più sicuri di se stessi e delle proprie capacità di  autodifesa".  Un po' per curiosità un po' perché mi attirano i risultati mi iscrivo. Mi servirebbe davvero aumentare la mia autostima, il mio autocontrollo e diventare più sicura di me e della mia capacità di autodifesa soprattutto per attacchi di natura non fisica. In realtà penso che sia possibile subire un'aggressione da parte di qualche malintenzionato ma le paure che sento di più sono quelle che non posso toccare, quelle con le quali non posso fare a botte. All'inizio il corso non mi stimola granché ma poi diventa interessante, imparo a dare pugni, calci, l'entusiasmo sale come dinanzi a qualsiasi cosa sconosciuta... divento sempre più curiosa lezione dopo lezione, voglio imparare. Ed è anche divertente, di tanto in tanto con le ragazze iniziamo ad allenarci e prova che ti riprova alcune mosse le risate sono abbondanti. I maestri sono simpatici e ci propongono le situazioni più disparate. Finché un giorno la lezione prende una piega che mi colpisce molto. I maestri abbassano le tapparelle e ci bendano, ci mettono tutte distanti l'una dall'altra. Ci attaccheranno e vogliono che reagiamo così, bendate, perché dobbiamo imparare a reagire d'istinto, senza pensare troppo a COME rispondere, DIFENDERCI e REAGIRE SUBITO, D'ISTINTO, SENZA PENSARE, SPEGNERE IL CERVELLO. Queste parole rimbombano nella mi testa, comincio ad andare in ansia... ci dicono ascoltate i rumori attentamente, l'aggressore che si avvicina, cercate di percepire da che lato vi attacca... sono bendata, non vedo nulla, odio perdere il contatto visivo, odio perdere IL CONTROLLO... mi metto sulla difensiva, irrigidisco le gambe e le braccia sono già tese... non abbiamo ancora iniziato, il maestro mi tocca per spostarmi più in là... credo mi stia già attaccando e sto per reagire... "no no aspetta non ho ancora fatto nulla"... come al solito la paura mi offusca l'attenzione, perdo il tempo, sono PREVENUTA... INIZIAMO... loro cominciano a correre, a far cadere oggetti a terra, si sente l'attrito delle scarpe sul pavimento... aguzzo le antenne, sono tesissima, non distinguo bene i rumori, sento i respiri di tutte noi che si fanno più intensi... "si avvicinano, si allontano, stanno per attaccarmi, da che lato arriveranno?"... ecco hanno attaccato qualcuna, si sentono i suoni dei colpi, i movimenti sono più veloci, c'è una tensione incredibile, sono tesissima, rigida, paralizzata e allo stesso tempo con voglia di sciogliermi, di scaricare questa tensione... "quando sarà il mio turno?"... la benda mi copre completamente, non vedo nemmeno ombre o spiragli di luci... odio essere succube di me così, aver paura di non essere all'altezza di una prova, "quando finirà?"... mentre mi perdo nel pensiero arriva "l'aggressore", mi prende per un braccio e mi trascina, devo riuscire a liberami, lo colpisco al polso, non molla la presa, cerco di essere più incisiva nel colpo, secco, bam... mi lascia... "e ora dove sono?"... qualcun altro mi arriva addosso, è una compagna infatti la sua presa è più debole... rumori assurdi intorno a me, c'è un gran caos, ognuno sta attento alle mosse dell'altro, ai passi dell'altro, qualche "ahi", "mamma mia" fa da sottofondo musicale... mi riattaccano, mi prendono in braccio, "e ora come mi libero?", sferro colpi al collo e alle braccia per far si che mollino la presa, non ci riesco, il maestro mi urla "più forte, più forte", ci provo ma non riesco ad essere più forte di così... mi lascia... la lezione termina, si rialzano le tapparelle, ci togliamo le bende... tutte commentiamo, chiediamo spiegazioni o suggerimenti, il maestro ci dice di portare ognuna un foulard per la prossima volta... sono sfinita, vorrei crollare a terra dalla stanchezza, è stato un esercizio che ha richiesto l'impiego di qualsiasi tipo di energia, tensione muscolare, emotiva, concentrazione, attenzione, prontezza di riflessi, scatto... mi sento stanchissima, come se avessi sollevato chili e chili e chili o come se avessi studiato per 10 ore di fila... mi è venuta una gran fame però allo stesso tempo mi sento leggera, come se tutta la paura di perdere il controllo di me si fosse sciolta... nel riaprire gli occhi ho tirato un sospiro di sollievo e tutta la tensione accumulata si è sciolta con la benda... mi resta addosso una stanchezza rigenerante... ho portato a galla due cose quel giorno, uno quanto odi non perdere il dominio di me, voglio controllarmi! Due, non ci riesco quasi mai perché il più delle volte non mi fido di me, non mi affido a me... ho la presunzione di credere che restando sempre attenta e vigile come un pugile non perderò la testa e invece, ahimé, tutto questo mi sfinisce, mi atterrisce, mi consuma mentre lasciar fluire gli stimoli nervosi mi allegerisce... l'istinto è un'energia rinnovabile...

Foto: Kill Bill volume 1 di Quentin Tarantino, Usa, 2003