lunedì 19 aprile 2010

La percezione della fine

Mi ritrovo a parlare sempre di te come se fossi ancora viva, una qualsiasi parola o evento o odore mi fanno scoprire che sto parlando di te; mi accorgo di essere inconsciamente consapevole che non è così perché uso sempre i verbi all'imperfetto... mia nonna diceva... mia nonna faceva... mia nonna non c'è più... questo è presente indicativo, come lo è il dolore che ancora sento. E' lunedì, inizia la settimana, dovrei essere piena di energia e di cose da fare che mi affollino la giornata, dovrei volere che le giornate durassero 36 ore per le tante cose da dover fare. Invece mi sono svegliata tardi e malinconica. Penso sempre tanto mentre faccio azioni che non richiedono la mia concentrazione, che sono meccaniche, quali fare colazione, farmi lo shampoo, mettermi in ordine... mi muovo col corpo in queste azioni abitudinarie e penso... faccio voli pindarici... se avessi una penna collegata al cervello scriverei praticamente sempre... pensavo a te e a nonna, i vostri due pensieri sono da sempre legati, non so cosa li unisca... o meglio so cosa li unisce ora ma non so cosa li unisse prima. Ma siete legati da sempre, da quando nemmeno si ipotizzava che nonna stesse male e da quando non avrei immaginato che entrambi non sareste stati nel mio 2010.  Associo te con nonna e nonna con te. L'anno scorso, quando ancora tutto scorreva piacevolmente e senza buche lungo il sentiero, feci un sogno, eravamo io tu e nonna, eravamo su un treno, forse in metropolitana, non ricordo dove stessimo andando, tu salisti, avevi una bella camicia bianca e ti venivi a sedere vicino a me, a mia volta  accanto a nonna, e d'improvviso avevi in testa un berretto blu, di quelli che usano i giocatori di basesball americani e forse anche un giubetto di cotone dello stesso colore. Mi sedevi accanto e mi davi la mano, discretamente per non farti notare da nonna, quasi fossimo stati due quindicenni... non mi ricordo altro. Non so perché vi associavo allora ma credo di immaginare perché vi associo adesso, è per la percezione della fine. La fine della vita, la fine ell'amore e la fine dell'università. Ognuna di queste è legata a uno di noi. Vedo le prime due, complete, senza scampo nè via di ritorno nè di appello e ahimè credo stiano condizionando la terza che invece riguada esclusivamente me. Mi avete lasciato in un modo irrecuperabile e irreparabile, contro la morte non puoi nulla, non posso mica fare un viaggio negli Inferi e riprendermi nonna come cercò di fare Orfeo con Euridice... e contro di te che non mi ami posso ancora meno, il non amore è irrimediabile... ma i protagonisti qua non siete voi, la morte è qualcosa di naturale così come lo è la fine di un amore, ogni giorno succede qualcosa di simile. Qui il potagonista è la mia percezione della fine che voi avete personificato, reso reale. Mi avete lasciato quasi contemporaneamente, a distanza di un paio di mesi... non credevo potesse essere così doloroso... c'è di peggio credo e avevo già sofferto altre volte e forse anche per cose più gravi, più intricate eppure questa è stata la prima volta che ho davvero capito che si intende dire con l'espressione "avere il cuore spezzato". Vuol dire sentire una maledettissima sensazione di privazione, si mi sento privata di quel sentimento che il mio cuore prima era legittimato a provare... non perché non sia più libero  provarlo ma perchè non ha più i suoi destinatari... la fine come la percepisco io è una sensazione di privazione, di solitudine, un po' ostinata... ma sono solo "una ragazza e vorrei solo divertirmi"

l'immagine è tratta da: http://www.foto-blog.it/fotografia/356277/Tramonto_sul_mare

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