mercoledì 19 maggio 2010

La guerra fredda

Una canzone per Bobby Long di Shainee Gabel
Mi sono successe diverse cose in questi giorni, tutte più o meno piccole ma tutte più o meno degne di nota. Hanno lasciato un segno in me e mi hanno fatto riflettere. Vorrei raccontarvi di una sensazione romantica che ho provato ieri sera parlando con un ragazzo col quale ho sentito subito un'intesa, mi sembrava di conoscerlo da tempo, oppure dello scatto di nervi che ho provato tra ieri e oggi per la frustrazione di non vedere fluidamente scivolare le parole sulle pagine della mia tesi, o ancora della interminabile lite d'amore che c'è tra me e mio padre e di cui ieri si è consumato un altro, ennesimo, round. Si, è di questo che vi parlerò anche se l'idea iniziale era un'altra. Come sempre non vince mai nessuno, si sentono solo urla, voci che si sovrastano l'una sull'altra, ognuno ascolta la propria piuttosto che quella dell'altro, i suoni si alzano poi scendono, poi le urla si stemperano e dopo che la rabbia ha avuto l'illusione di venir fuori tutta sotto forma di accuse, offese, recriminazioni, ci si arrende alla diversità, alla reciproca permalosità, al dialogo che non porta mai una posizione diversa dalla precedente... non può essere altrimenti, siamo due personalità distinte, ormai non più evoluzione ma già definite, formatesi a distanza... la tua in una distanza temporale in cui è impossibile che io entri a meno che qualcuno inventi una macchina del tempo e mi permetta di essere spettatrice della tua vita passata, proiettandomela come una pellicola su uno schermo cinematografico. Vedere che facevi, come reagivi agli eventi e che sensazioni ti producevano, come tutto ha inciso su di te facendo di te quell'uomo che oggi sei. La mia è una distanza spazio-temporale; un tempo storico in cui necessariamente c'eri, uno spazio in cui ci sei stato meno o almeno non costantemente. Tu sai chi sono e come sono oggi, forse non totalmente ma sicuro più di quanto io sappia di te, quello che non sai è tutto quello che ho fatto, come ho reagito a tutti gli eventi e che sensazioni mi producevano, quali e come tutti hanno inciso su di me facendo di me la giovane donna che sono oggi. Ci sono molte lacune, molti spazi vuoti, molti puntini sospensivi tra una parola e l'altra e mancano dei dati in relazioni a certi anni, a certi periodi più corti di anni ma intensi come tali. Sarà questo che rende la lotta estenuante e infinita? Forse è semplicemente questa la normalità del nostro rapporto? Non mi sento di ripetere quanto diceva Flaubert "Siamo come in un deserto, non riusciamo a capirci" perché non è così, adesso abbiamo delle discussioni che resistono alle discussioni stesse... forse il senso di tutto è la necessaria esistenza di punti di vista contrastanti... con qualche risata e sciocchezza come interruzione pubblicitaria...

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